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"Eppure possiamo dirlo. Né Celan né Levi dopo aver scritto le loro opere si sono dati la morte. La morte li ha rincorsi lungamente prima di afferrarli. Perché essi stessi credevano che il loro lavoro di testimonianza possedesse un segno dirimente l'odio, un qualcosa che potesse valicare il confine del nero, assorgendo quale fondamento della luce ritrovata oltre il buio totale. A loro avviso ciò non è avvenuto e la fine suicida li ha accolti ambedue. Che cosa manca? Il fluire della morte, la turgida lentezza dell'insegnamento postremo: l'affermazione che i due potessero dedurre senz'ombra di qualsivoglia smentita l'odio non è debellato. Si potrebbe affermare che questi suicidi non siano stati cagionati da Auschwitz o dalla sua memoria indelebile, ma dal comportamento culturale delle società post seconda guerra mondiale."